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Chi dorme non piglia pesci: se non ti occupi della politica, la politica, o prima o poi si occuperà di te...

venerdì 19 luglio 2013

F35, giustizia e Kazakistan, è l’umiliazione dello Stato

 
Parla Zagrebelsky: “F35, giustizia e Kazakistan, è l’umiliazione dello Stato” 
 da IL FATTO QUOTIDIANO
Intervista al presidente emerito della Corte costituzionale, secondo cui nel nostro Paese "grave un 'non detto' che spiegherebbe molte cose": "Si fa finta di vivere nella normalità della vita democratica, ma non è così. Su tutto domina la difesa dello status quo, in questa maniera la democrazia muore"
di

Professore, negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerosi episodi di natura politica e costituzionale che hanno suscitato discussioni e polemiche. Lei che ne pensa?
Prima che dagli episodi, iniziamo da un dubbio, da un interrogativo di portata generale, di cui vorremmo non si dovesse parlare. E, invece, dobbiamo.

Cosa intende?
Una cosa angosciante. Si tratta solo di singoli episodi, oppure di manifestazioni di qualcosa di più profondo, che non riusciamo a vedere e definire con chiarezza, ma avvertiamo come incombente e minaccioso? Qualcosa in cui quelli che altrimenti sarebbero appunto solo episodi isolati, assumono un significato comune. Li dobbiamo trattare isolatamente o come sintomi d’un generale e pericoloso malessere?

Dica lei.
Guardi: può darsi ch’io pecchi in pessimismo. Mi sembra che sulla vita politica, nel nostro Paese, in questo momento, gravi un “non detto” che spiegherebbe molte cose. Si fa finta di vivere nella normalità della vita democratica, ma non è così. È come se una rete invisibile avvolgesse le istituzioni politiche fossilizzandole; imponesse agli attori politici azioni e omissioni altrimenti assurdi e inspiegabili; mirasse a impedire che qualunque cosa nuova avvenga. Questa è stasi, situazione pericolosa. Se qualche episodio, anche grave o gravissimo, sfugge alla rete, l’imperativo è sopire, normalizzare. Ciò che accade sulla scena politica sembra una messinscena. Ci si agita per nulla concludere. Ma la democrazia, così, muore. Lo spettacolo cui assistiamo sembra un gioco delle parti, oltretutto di livello infimo. Il numero degli appassionati sta diminuendo velocemente. L’umore è sempre più cupo. Bastava guardare i volti e udire il tono di alcuni che hanno preso la parola nel dibattito sulla vicenda della “rendition” kazaka. Sembravano tanti “cavalieri dalla trista figura”. Non si respirava il “fresco profumo della libertà”, di cui ha scritto ieri Barbara Spinelli. Né v’era traccia di quella “felicità” che è l’humus della democrazia, di cui abbiamo ragionato Ezio Mauro e io, in contrasto con l’atmosfera stagnante dei regimi del sospetto, dell’intrigo, della libertà negata.

Si riferisce alla maggioranza modello “larghe intese”?
Innanzitutto: è una maggioranza contro natura; contraria alle promesse elettorali e quindi democraticamente illegittima, anche se legale; che pretende di fare cose per le quali non ha ricevuto alcun mandato. Ricorderà che è stata formata pensando a poche e chiare misure da prendere insieme: governo “di scopo” (come se possa esistere un governo senza scopi!), “di servizio” (come se ci possa essere un governo per i fatti suoi!) e, poi, “di necessità”. Ora, sembra un governo marmorizzato il cui scopo necessario sia durare, irretito in un gioco più grande di lui. La riforma elettorale, bando alle ciance, non si fa, perché in fondo, oltre che essere nell’interesse di molti, nel frattempo, con l’attuale, non si può tornare a votare. Perfino l’abnorme procedimento di revisione della Costituzione è stato pensato a questo scopo, come si ammette anche da diversi “saggi” che pur si sono lasciati coinvolgere. E, in attesa che la si cambi, la si viola.

Così arriviamo agli episodi. Il caso F-35?
Incominciamo da qui. Il Parlamento è stato esautorato quando il Consiglio supremo di difesa ha scritto che i “provvedimenti tecnici e le decisioni operative, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”, sottintendendo: “responsabilità esclusive”. Chissà chi sono i consulenti giuridici che hanno avallato queste affermazioni, che svuotano i compiti del Parlamento in materia di sicurezza e politica estera? Un regresso di due secoli, a quando tali questioni erano prerogativa regia. Del resto, lei sa che cosa è questo Consiglio? Qualcuno si è ricordato che la sua natura è stata definita nel 1988 da una relazione della Commissione presieduta da un grande giurista, Livio Paladin, istituita dal presidente Cossiga per fare chiarezza su un organo ambiguo (ministri, generali, presidente della Repubblica)? Fu chiarito allora che si tratta di un organo di consulenza e informazione del presidente, senza poteri di direttiva. D’altra parte, chi stabilisce se certi provvedimenti e certe decisioni sono solo tecniche e operative, e non hanno carattere politico? I sistemi d’arma, l’uso di certi mezzi o di altri non sono questioni politiche? Chi decide? Il Parlamento, in un regime parlamentare. Forse che si sia entrati in un altro regime?

L’affaire kazako è una “brutta figura internazionale” o una violazione dei diritti umani?
Una cosa e l’altra. Ma non solo: è l’umiliazione dello Stato. Ammettiamo che nessun ministro ne sapesse qualcosa. Sarebbe per questo meno grave? Lo sarebbe perfino di più. Vorrebbe dire che le istituzioni non controllano quello che accade nel retrobottega e che il nostro Paese è terreno di scorribande di apparati dello Stato collusi con altri apparati, come già avvenuto nel caso simile di Abu Omar, rapito dai “servizi” americani con la collaborazione di quelli italiani e trasportato in Egitto: un caso in cui s’è fatta valere pesantemente la “ragion di Stato”. Non basta, in questi casi, la responsabilità dei funzionari. L’art. 95 della Carta dice che i ministri, ciascuno personalmente, portano la responsabilità degli atti dei loro dicasteri. Se, sotto di loro, si formano gruppi che agiscono in segreto, per conto loro o in combutta con poteri estranei o stranieri, il ministro non risponderà penalmente di quello che gli passa sotto il naso senza che se ne accorga. Ma politicamente ne è pienamente responsabile. Troppo comodo il “non sapevo”. Chi ci governa, per prima cosa, “deve sapere”. Se no, dove va a finire la nostra sovranità? Chi, dovendola difendere, in questa circostanza, non l’ha difesa?

Che dire del blocco del Parlamento decretato per protesta contro l’Autorità giudiziaria?
Che, anche questa, come la manifestazione di decine di parlamentari scalpitanti dentro e fuori il Tribunale di Milano, è una vicenda inconcepibile. Altrettanto inconcepibile è che l’una e l’altra non siano state oggetto di puntuale e precisa condanna. Anche qui: ammettiamo per carità di Patria che l’una sia stata una normale sospensione tecnica e l’altra una visita guidata a un palazzo pubblico. Non basta, però, averli “derubricati”, per poter dire che non è successo nulla. La questione è che non s’è detto autorevolmente che l’intento e i mezzi immaginati sono, sempre e comunque, inammissibili perché contro lo Stato di diritto.

C’è una logica che spiega i singoli episodi?
Potrei sbagliare, ma a me pare che su tutto domini la difesa dello status quo e del governo che lo garantisce. In stato di necessità, si passa sopra a tutto il resto. L’impressione, poi, è che in quella rete invisibile di connivenze, di cui parlavo all’inizio, si finisca per attribuire a un partito e al suo leader un plusvalore che non corrisponde al loro consenso elettorale e alla rappresentanza in Parlamento. Come se toccarne gli interessi possa determinare una catastrofe generale. Sembra che tutti siano utili, ma qualcuno sia necessario e, per questo, si debbano tollerare da lui cose che, altrimenti, sarebbero intollerabili.

Così si è corrivi nei confronti di una parte politica, anche se c’è di mezzo la Costituzione. A chi spetta difenderla?
In democrazia, a tutti i cittadini, che nella Costituzione si riconoscono. Poi, a chi occupa posti nelle istituzioni, subordinatamente a un giuramento di fedeltà. Infine, salendo più su, a colui che ricopre il ruolo comprensivamente detto di “garante della Costituzione”, il presidente della Repubblica.

sabato 13 luglio 2013

Dimissioni Alfano: l'associazione VicenzaInsieme lancia una petizione su Avaaz.org

Lunedì 15 luglio, in parlamento sarà bufera sul "caso Shalabayeva": M5s e SEL chiederanno sia alla Camera che al Senato le dimissioni dell'attuale ministro degli Interni Angelino Alfano, sul modo di condurre la vicenda di una madre e la sua figlioletta. Le due rifugiate politiche, con l'inganno, sono state allontanate dal nostro paese. Molto hanno fatto i due parlamentari del Partito Democratico Emanuele Fiano e Luigi Manconi affinchè questa vicenda emergesse... Siamo sicuri che il segretario Guglielmo Epifani non rimarrà indifferente e prenderà una posizione di fronte a questa vicenda che ha dell'incredibile!

Di seguito il testo che potrete trovare sul sito Avaaz.org e, in fondo all'articolo, il link per poter firmare la petizione.
Il Team PDChiampo

La notte del 29 maggio 2013, 50 agenti armati della Digos sono stati mandati ad arrestare una donna e la sua figlioletta di 6 anni.




Dopo pochi giorni, le due sono state imbarcate in fretta e furia su un aereo privato e rispedite nella loro patria, il Kazakistan.
Erano Alma Shalabayeva e la piccola Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, principale oppositore del dittatore Nazarbayev.
Tutto questo è accaduto in Italia, senza che ne venissero informati né il Ministro degli Esteri Emma Bonino, né quello della Giustizia, Annamaria Cancellieri, né il primo Ministro Enrico Letta, con una procedura a dir poco irregolare.
Per settimane, quasi tutta la stampa italiana ha taciuto sulla vicenda, fatta passare per una semplice espulsione di immigrate clandestine.
Il 12 luglio 2013, il Governo Letta ha annunciato la cancellazione del provvedimento di espulsione, ammettendo in questo modo di aver commesso un errore: un errore che potrebbe avere conseguenze gravissime, sia sul piano umano, sia sul piano politico.
Alma e Alua si trovano, infatti ad essere ostaggi del dittatore Nazarbayev, accusato in due diversi report di Amnesty International, risalenti al 2003 e al 2004, di aver fatto torturare i propri oppositori.
Il Ministro Alfano era al corrente di ciò che stava accadendo?
Ha consapevolmente consegnato due ostaggi ad un governo straniero o è stato aggirato dallo stesso apparato a cui dovrebbe essere a capo?
In entrambi i casi non è accettabile che Angelino Alfano continui ad occupare il posto di Ministro degli Interni e chiediamo il vostro aiuto per ottenere le sue immediate dimissioni.
Per aiutarci, firma la petizione a questo indirizzo:

http://www.avaaz.org/it/petition/Dimissioni_del_Ministro_dellInterno_Angelino_Alfano/?tiYxNab

Carissime Alma e Alua, ci auguriamo di vedere presto altre vostre foto con, sullo sfondo, un meraviglioso paesaggio italiano.


giovedì 11 luglio 2013

Un inchino del parlamento che potrebbe costare molto caro

Se non verrà fatta chiarezza, se il PDL non chiarirà al PD che c'è una netta separazione tra le vicissitudini del governo e quelle del leader Silvio Berlusconi, il governo Letta potrà pur procedere, forse, anche dopo la sentenza di terzo grado della cassazione, ma si acuirà la lontananza tra l'elettorato del PD e la dirigenza stessa. Un effetto è stato visto proprio qui a Chiampo durante le recenti amministrative.

Costa Concordia, ecco il piano per la rimozione

Di seguito riportiamo un'intervista rilasciata oggi dal dimissionario presidente del Partito Democatico


«Non si può assecondare eversione istituzionale del Pdl»
di Giovanna Casadio - da La Repubblica


«Il Pd è sempre stato una sentinella contro la deriva berlusconiana, non possiamo venire meno al nostro compito di presidio democratico». Rosy Bindi ha detto "no" alla sospensione dei lavori parlamentari, lasciando l'aula di Montecitorio.

Bindi, perché non ha partecipato al voto?

«Il Pd non dovrebbe mai assecondare gli atteggiamenti di eversione istituzionale del Pdl. Il centrodestra ha attaccato la Cassazione, ha minacciato di bloccare i lavori parlamentari per alcuni giorni. È vero che lo stop delle commissioni e dell'aula è stato di un pomeriggio, ma il significato politico non cambia. Inoltre con il nostro comportamento in aula, abbiamo assecondato i "falchi" del Pdl: non dovevamo offrire sponda agli irresponsabili».

Il Pd ha fatto un errore?«Il Pd deve sciogliere un nodo che ci portiamo dietro da quando abbiamo dato vita a questo governo. Una cosa è la lealtà a Letta, altra è annacquare il nostro profilo alternativo alla destra e soprattutto la nostra contrarietà assoluta ai comportamenti berlusconiani, che sono improntati al conflitto tra i poteri dello Stato e alla pretesa di bloccare il corso della giustizia».La sentenza Mediaset a fine mese accelererà una crisi di governo?
«Chi si proclama innocente dovrebbe auspicare una decisione veloce e non invocare il diritto alla prescrizione. Ci si lamenta sempre della lentezza della magistratura nei processi. Nella passata legislatura presentai un disegno di legge perché i processi per i politici abbiano tempi velocissimi, non per privilegiare i politici ma per assicurare ai cittadini che chi li rappresenta o li governa sia affidabile. Auguro a Berlusconi di essere assolto: perciò se arriva presto la sentenza, è meglio per tutti. Di certo, questa è una fase molto difficile e pericolo sa per il Pd: non può mancare il sostegno leale al governo ma non è possibile neppure condizionare le prospettive del partito, peraltro in una fase congressuale, rinchiudendolo nello stato di necessità rappresentato dall'alleanza di governo con Berlusconi. Non possiamo compromettere il nostro profilo politico».I Democratici non reggono una maggioranza con Berlusconi?
«Noi abbiamo un atteggiamento molto responsabile. Ma era necessaria una decisione collegiale del gruppo parlamentare. Alcuni democratici si sono astenuti, altri non hanno votato. Ma anche quelli che sono stati disciplinati erano in grande sofferenza. Una cosa così impegnativa, meritava una discussione adeguata».È indispensabile per il Pd cambiare maggioranza?
«Il governo deve fare cose importanti per il paese. Ma non possiamo accettare che questa fase diventi una camicia di forza, perché così rischiamo di morire. Non sarà il Pd a mandare in crisi Letta. Però se il Pdl puntasse a una crisi di governo, in Parlamento si possono sempre cercare altre soluzioni. Comunque non si va a votare con questa legge elettorale: il Pdl se lo metta bene in testa».Il suo è un "j'accuse" al partito?
«No. Non votare è stata una sofferenza. Sono uscita dall'aula perché la tentazione più grande era di intervenire dissociandomi. Ho evitato. Ci vuole responsabilità in questo momento, è vero. Ma di subire il ricatto del Pdl non me la sono sentita. Nonostante il mio no alle larghe intese, al governo ho assicurato il voto di fiducia e la lealtà che non è mai venuta meno. Però ho detto che avrei presidiato il profilo alternativo del Pd e rifiuto l'equivoco della pacificazione».

Italian Party of Berlusconi Stops Activity in Parliament


from
http://www.nytimes.com

 http://www.nytimes.com/2013/07/11/world/europe/11iht-italy11.html?_r=0

 ROME — In a sign of Italy’s political fragility, the coalition government of Prime Minister Enrico Letta came under heavy strain on Wednesday, when the main center-right party of the former prime minister, Silvio Berlusconi, called for a timeout from Parliament to discuss an impending court ruling for Mr. Berlusconi and its political consequences.

Amid protests from the opposition Five Star Movement, almost all activity stopped in both houses of Parliament for a day.

Lawmakers from the People of Liberty party, known as the P.D.L., asked for time for consultation, the day after Italy’s highest court scheduled a hearing on July 30 for Mr. Berlusconi’s final appeal in a tax fraud case. This date came months earlier than expected. The decision by the court, motivated by the need to prevent the statute of limitations from expiring on one of the charges facing the former prime minister, caused a political uproar.

A definitive conviction would result in a five-year ban from public office for Mr. Berlusconi. If the high court’s decision is upheld by the Court of Cassation and by Parliament, it would likely result in a political earthquake for the left-right coalition. Until that or other court decisions are made, the government is likely to remain frail, but stable, analysts say.

“This government has always been hanging by many threads, Berlusconi’s several trials, the tensions within the P.D.L. and also within the Democratic Party, where many don’t like to govern with the P.D.L.,” said Gianfranco Pasquino, a political science professor at the School of Advanced International Studies at John Hopkins University in Bologna. “But I doubt that any of this will have a serious impact on the government.”

While senators from the anti-establishment Five Star Movement took off their jackets and ties in protest, fellow party members in the lower house walked out on Wednesday afternoon to oppose against the parliamentary suspension.

“We sit in Parliament to find solutions to the policies of the last 20 years,” Roberta Lombardi, a member of Parliament from the Five Star Movement, said, sitting in the square adjacent to Parliament. “Does the world need to stop because the court set a hearing for citizen Berlusconi?”

Faced with record unemployment and a public debt of more than €2 billion, or $2.6 billion, the grand coalition was already under pressure for the slow pace of its reforms. The “politics of small steps,” as Mr. Letta’s action has been described, has postponed some crucial decisions until the fall and has been struggling to ease the tax burden on citizens.

“This government is aware of being very exposed — it’s one of the drawbacks of any coalition government, and this case certainly did not make it stronger,” said Mr. Pasquino, the professor. “It will be stronger only if its policies lower unemployment and boost the economy.”

On Tuesday, the ratings agency Standard & Poor’s downgraded Italy’s sovereign credit rating to just two notches above junk, because of concerns about the economy. The International Monetary Fund expects Italy’s growth to decrease by 1.8 percent this year, before slightly recovering in 2014.

Mr. Berlusconi’s legal woes have been widely covered in the news and have cluttered Italy’s political life in recent months, as several trials overlapped. Last month, he was sentenced to seven years in jail for paying for sex with an underage nightclub dancer and for abusing his powers to try to cover it up.

The conviction is not definitive until two appeals are made. Every time a court condemns Mr. Berlusconi, his lawmakers urge supporters to take to the streets to protest against the “leftist magistrates,” and some of these demonstrators have been calling for early elections.

However, the prime minister said Tuesday night on television that the government would survive whatever happened. Above all, President Giorgio Napolitano is opposed to early elections while Italy is experiencing its worst postwar recession and before Parliament makes changes to election laws.

“In a certain, convoluted way, what happened today strengthened the reason to support the government,” said Sergio Fabbrini, director of the school of government at Luiss Guido Carli University in Rome.  “As the two main parties in Italy are divided and too weak, if taken alone, none of them is capable of acting as an alternative to the current government.”

giovedì 4 luglio 2013

Bindi e Santanchè... come i cavoli a merenda...



03 Luglio 2013 Bindi e Santanchè… pari non sono!
di Rosy Bindi

Alcuni colleghi e commentatori continuano a chiamare in causa la mia elezione alla vicepresidenza della Camera nella passata legislatura, come esempio di comportamento bipartisan che dovrebbe essere seguito anche per la elezione della collega Santanchè. Mentre desidero premettere che senza alcun problema seguirò le indicazioni che il mio gruppo ci darà, vorrei fare alcune precisazioni, non certo marginali.

Innanzi tutto vale ricordare che per l’elezione dei componenti dell’Ufficio di presidenza ogni parlamentare può esprimere un numero limitato di preferenze, così da garantire le minoranze e assicurare che ciascun gruppo possa eleggere i propri rappresentanti. E per eleggere i quattro  vicepresidenti si possono votare solo due nomi.

Questa regola fondamentale fu seguita anche nel mio caso. Fui eletta con 262 voti, la seconda più votata dopo Antonio Leone e, pur essendo candidata del partito di opposizione, superai Maurizio Lupi. Infatti, il Pdl votava per Leone e Lupi, mentre il Pd, che disponeva di 217 deputati, votava per i due candidati di minoranza Bindi e Buttiglione.

Fui eletta grazie ai voti del mio gruppo e penso dell'Udc. Non ebbi bisogno dei voti del PdL, non ne feci richiesta e se qualche voto arrivò da quel partito fu libero, non dovuto e apprezzato. Mi pare che ci sia materia per non usare la mia persona in modo improprio e per ribadire che è il Pdl che deve garantire i voti ai suoi candidati e superare le proprie divisioni, senza gridare al tradimento del vincolo di maggioranza. E soprattutto senza invocare un precedente che non esiste…

lunedì 1 luglio 2013

"Cambiare con la Costituzione", seminario sul percorso di riforma costituzionale


 Una miglior grafica del seguente articolo si trova al seguente indirizzo.
Il Team PDChiampo
http://www.democraticidavvero.it/adon/files/intervento%20Bachelet.pdf

Grazie dell’invito. Ho contribuito alla nascita dell’associazione “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non demolirla” (www.salviamolacostituzione.it) e del comitato promotore del referendum che nel 2006, con 6 milioni di voti di scarto, ha bocciato la riforma costituzionale di Berlusconi e soci. Presidente era Scalfaro, portavoce Bassanini, capo del comitato scientifico Elia. Io ero solo tesoriere, un ragazzo di bottega. Non sono un costituzionalista e non ripeterò quanto detto il 4 giugno scorso alla direzione nazionale del PD (www.giovannibachelet.it/pag1vekkia/direzionePD_040613.pdf); mi limito a riflessioni legate al referendum e alla mia recente esperienza parlamentare.

1.
Il disegno di legge costituzionale governativo oggi in discussione non riguarda il merito delle riforme costituzionali (forma parlamentare, presidenziale, etc.), ma solo l'istituzione della commissione bicamerale e la corrispondente deroga all’articolo 138.

2.
L’iter di questo disegno di legge è, quindi, regolato dall’attuale articolo 138: se in seconda votazione questa legge costituzionale non passa con i 2/3 degli aventi diritto, potrà essere sottoposta a referendum prima di ogni discussione di merito sulle riforme.

3.
L’iter di questo disegno di legge è appena cominciato e (sempre grazie all’articolo 138) prima di Gine novembre non potrà concludersi, anche procedendo a tappe forzate.

4.
Il termine di 18 mesi di cui tanto si parla partirebbe dopo l’approvazione finale di questa legge, dunque non prima di novembre.

5.
La commissione dei 35 esperti è perciò una (rispettabile) esercitazione governativa: essa non può interagire con la commissione bicamerale sulle riforme costituzionali per l’ottimo motivo che quest’ultima non è ancora istituita, né lo sarà prima di novembre.

6.
Sul vistoso gap fra questo disegno di legge costituzionale e la lettera e lo spirito della Costituzione (iniziativa governativa anziché parlamentare, previsto dimezzamento dei tempi, revisione globale dei Titoli I, II, III e V...) rimando alla recente audizione del nuovo presidente dell’associazione, professor Pace (http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/000/202/Prof._PACE.pdf). Pongo qui questioni politiche parlamentari: a. all’audizione del Senato il professor Pace ha spiegato scientificamente perché le bicamerali 1993 e 1997 sono cattivi precedenti, ma vale la pena anche di ricordare come mai, storicamente, nessuna delle due concluse i propri lavori: la commissione del 1993 per interruzione anticipata della legislatura, quella del 1997 perché Berlusconi rovesciò il tavolo; la domanda è: quale delle due cose accadrà stavolta? b. l’articolo 2 affida alla commissione bicamerale anche "coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali": pur di non far cadere il governo, anche la legge elettorale il PD la farà solo con Berlusconi? senza SEL? senza grillini? e poi: per coerenza con le riforme costituzionali, il PD aspetterà la fine del loro (lungo) iter a rischio di votare ancora con il Porcellum, che (come si vede!) non garantisce né rappresentanza né governo? la legge elettorale non era la cosa piú urgente? c. in realtà esistono anche riforme costituzionali urgenti, condivise, puntuali (altri relatori oggi ne parlano), fattibili con il semplice 138, come avvenne per la riforma del Titolo V, confermata dal referendum 2001 con 5 milioni di voti di scarto; oggi ad esempio, senza derogare al 138, l’abolizione di una Camera (che riduce tempi legislativi e numero dei parlamentari) si potrebbe in teoria approvare in 6 mesi d. le procedure di revisione globale non sono previste dalla Costituzione (vedi http://salviamolacostituzione.wordpress.com/2012/06/20/riforma-della-costituzione-contrarieta-alle-proposte-presentate/); che il governo le approvi tagliando fuori l’opposizione è ancora piú grave; gravissimo sarebbe, a questo punto, impedire anche la controprova popolare del referendum: possibile che si arrivi a questo? Giovanni Bachelet, seminario “Cambiare con la Costituzione”, Roma 25/6/2013 e. è possibile arrivarci, sí, ma al Senato con margine abbastanza stretto: qui la soglia
dei 2/3 degli aventi diritto è 212; il plenum dell’attuale maggioranza è 234; nel PD e in Scelta Civica, lo vediamo dai relatori di questo seminario e dai firmatari del documento di Franco Monaco (http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=13002), si è aperta una prima crepa: gli “obiettori di coscienza” avranno il coraggio di perseverare, coagulando ulteriore dissenso rispetto a questa bicamerale governativa, oppure si sono salvati l’anima ma poi, al momento buono, voteranno come tutti gli altri?

7.
Rileggo un antico giudizio di Paolo Sylos Labini sulla tentata revisione costituzionale del 1997: "La legittimazione politica scattò automaticamente quando fu varata la Bicamerale: non era possibile  combattere Berlusconi avendolo come partner per riformare, niente meno, che la Costituzione..." Vengono in mente due differenze rispetto all’oggi: a quell'epoca (a) parlavamo “solo” di corruzione giudiziaria, frodi, conflitti di interesse e par condicio, mentre adesso parliamo anche di Mubarak, e (b) Berlusconi era all'opposizione, non al governo insieme ad alcuni di noi.

8.
Tuttavia, di fronte alla drammatica crisi economica e di rappresentanza politica, non si possono liquidare, come qualcuno è tentato di fare, le inquietanti somiglianze fra la Francia del 1958 e l’Italia di oggi. Diciamo, dunque, no all’immobilismo costituzionale ed elettorale. Però diciamo un netto no anche al cinismo degli apprendisti stregoni, al furore riformatore di chi da un lato finge di non conoscere i saldi principi del campione di libertà e giustizia insieme al quale dovremmo riformare la Costituzione; dall’altro dimentica che nemmeno la piú sconvolgente svolta istituzionale della storia recente, la fine dell’URSS, ha impedito a Eltsin, ex sindaco comunista di Mosca, e a ruota a Putin, ex
capo dei servizi segreti sovietici, di restare a cavallo (e che cavallo): a riprova che, in assenza di una forte leadership democratica pronta a subentrare, nessun abracadabra costituzionale è in grado, da solo, di produrre l’agognato rinnovamento della politica (e purtroppo se Arcore non è certo Colombey les Deux Eglises, abbiamo già visto che nemmeno Bettola o Firenze lo sono).

9.
Non sono piú in Parlamento e non invidio chi ci sta oggi. Sono però tuttora tesoriere dell'associazione "Salviamo la Costituzione"; siamo pronti a impegnarci in un altro referendum, purché un sufficiente numero di Senatori si metta la mano sulla coscienza e ci consenta di farlo.

10.
Questa battaglia sarà durissima, molto piú dura che nel 2005 - 2006, quando, dopo un attimo di iniziale esitazione, il centrosinistra si schierò compatto contro le riforme costituzionali di Berlusconi, Fini, Bossi e Casini. Invece oggi, o almeno per il momento, il pezzo piú grosso della sinistra parlamentare è favorevole. Per vincere anche stavolta, prima in Parlamento e poi se necessario nel Paese, sembra prudente restare fedeli a Scalfaro e Elia. Ovvero. Coltivare uno stile di rigore, serenità e massima apertura verso chiunque ami la Costituzione. Creare un fronte il piú possibile ampio e robusto. Non crogiolarsi nel gruppetto perdente e minoritario che strilla contro ogni riforma, spara
sui politici della propria metà campo e rimpiange i vecchi partiti e il proporzionale puro, senza ricordare che la degenerazione finale di quel sistema elettorale ci ha regalato il CAF, l’odierna voragine del debito pubblico, l’impero mediatico senza regole e senza concorrenza di Silvio Berlusconi; mentre, dopo quarant’anni di “conventio ad excludendum”, è stato proprio il sistema elettorale maggioritario, con Prodi, a riportare un paio di volte l’intera sinistra al governo del Paese. Il titolo di questo incontro e le diverse provenienze politiche dei partecipanti, da Scelta Civica a SEL, suggeriscono che siamo sulla buona strada.
Giovanni Bachelet

La squadra

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