03 Luglio 2013 Bindi e Santanchè… pari non sono!
di Rosy Bindi
Alcuni
colleghi e commentatori continuano a chiamare in causa la mia elezione
alla vicepresidenza della Camera nella passata legislatura, come esempio
di comportamento bipartisan che dovrebbe essere seguito anche per la
elezione della collega Santanchè. Mentre desidero premettere che senza
alcun problema seguirò le indicazioni che il mio gruppo ci darà, vorrei
fare alcune precisazioni, non certo marginali.
Innanzi tutto vale ricordare che per l’elezione dei componenti dell’Ufficio di presidenza ogni parlamentare può esprimere un numero limitato di preferenze, così da garantire le minoranze e assicurare che ciascun gruppo possa eleggere i propri rappresentanti. E per eleggere i quattro vicepresidenti si possono votare solo due nomi.
Questa regola fondamentale fu seguita anche nel mio caso. Fui eletta con 262 voti, la seconda più votata dopo Antonio Leone e, pur essendo candidata del partito di opposizione, superai Maurizio Lupi. Infatti, il Pdl votava per Leone e Lupi, mentre il Pd, che disponeva di 217 deputati, votava per i due candidati di minoranza Bindi e Buttiglione.
Fui eletta grazie ai voti del mio gruppo e penso dell'Udc. Non ebbi bisogno dei voti del PdL, non ne feci richiesta e se qualche voto arrivò da quel partito fu libero, non dovuto e apprezzato. Mi pare che ci sia materia per non usare la mia persona in modo improprio e per ribadire che è il Pdl che deve garantire i voti ai suoi candidati e superare le proprie divisioni, senza gridare al tradimento del vincolo di maggioranza. E soprattutto senza invocare un precedente che non esiste…
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