Proprio nel momento in cui il gioco si fa duro c'è il bisogno di tutti. Purtroppo il segretario del Partito Democratico si è dimesso dimostrando che nemmeno con il 75% dei consensi si riesce a gestire, far funzionare e far vincere un partito riformista a vocazione maggioritaria.
5 commenti:
«Ritengo che non doveva dimettersi, perchè il partito merita una guida». Lo dice Rosy Bindi nel corso della trasmissione televisiva "Otto e mezzo" su La7, commentando le dimissioni del segretario del Pd Walter Veltroni. Bindi spiega di «rispettare la scelta» del segretario, ma sottolinea la necessità di una guida in vista degli impegni dei prossimi mesi, dalle elezioni europee e amministrative al congresso.
«Non c'è il fallimento del progetto del Partito democratico, così come è ingeneroso dire che è il fallimento del segretario» precisa la vicepresidente della Camera, sottolineando di «non sentirsela di attribuire tutta la responsabilità delle ultime sconfitte elettorali a Veltroni. L'ultima cosa che deve accadere è gettare la spugna su questo progetto. Se c'è una cosa di cui questo Paese e il mondo hanno bisogno è il pensiero democratico, che è la sintesi delle culture che noi cerchiamo di realizzare».
Per Bindi «c'è il rischio che si torni a un partito di sinistra che ingloba Vendola e uno di centro che va insieme a Casini. Ed è quello che mi preoccupa di più. Sarebbe poi da vedere se questi due partiti potrebbero tornare ad allearsi fra loro» e comunque sarebbe un esito che azzererebbe quanto fatto dal «1996 anche con Romano Prodi». Il progetto del Pd «è lungimirante» e richiede anche «pazienza».
Per il dopo-Veltroni, secondo l'esponente del Pd «Franceschini segretario ponte è la via istituzionale perché è il vice, ha avuto l'investitura istituzionale, è stato eletto dall'Assemblea nazionale. Comunque ci sono anche altri». Bindi spiega di preferire in ogni caso l'opzione della segreteria ponte a causa dell'appuntamento con le elezioni e delle difficoltà di orqanizzazione che si incontrerebbero se si procedesse diversamente. L'unica alternativa possibile sarebbe quella di procedere a «delle nuove primarie, ma non credo che al Pd serva un'altra conta».
Parisi: tardive le dimissioni di Veltroni
di Fabio Martini - da La Stampa
Professore, Veltroni si è dimesso. Come giudica le sue dimissioni?
Non facendo parte del cosiddetto coordinamento non so perché le abbia presentate, né perché gli siano state respinte. Quello che só é che sono tardive e comunque fuori tempo. Quando le propose ad aprile fui l'unico a condividerle. Condivisi in particolare l'idea di chiudere il percorso il 14 ottobre in occasione del primo anniversario delle primarie. Sarebbe stato meglio. Molto meglio.
La Sardegna è una realtà a sé, ma la nettezza della sconfitta di una personalità forte come Soru e il crollo del Pd fanno capire che questo partito oramai, non solo non "tira" ma sta diventando una palla al piede?
Se il motore della vittoria di Berlusconi viene in buona parte da fuori, é in Sardegna che affondano le radici della sconfitta di Soru. La colpa attribuibile al segretario nazionale é quella di non aver lavorato tempestivamente e sufficientemente per l'unitá del Partito, di aver sommato la linea di solitudine del partito, alla propensione alla solitudine di Soru. "Meglio Soru" é uno slogan che andava bene in italiano. Letto dai sardi come "meglio solo" descrive lo sfondo e in parte la causa della nostra sconfitta.
Un partito che va in piazza contro Berlusconi anti-costituzionale e poi ci fa un accordo per le Europee; che ha un linea laica su Eluana e poi oscura il senatore Marino; che paragona l'attuale Cavaliere a quello del ventennio e poi si prepara a farci un accordo in Rai, è un partito che vuole tenere tutto e il contrario di tutto? Non scegliere mai, questo è il problema?
Piú che la mancata scelta e il conseguente "ma-anche", il problema é il perché della non scelta. Quando un partito si costituisce come somma di apparati, assumendo come premessa la continuitá di una storia e di un gruppo dirigente, ogni scelta rischia di essere o di apparire come l'imposizione di una componente sull'altra e quindi mettere a rischio la sopravvivenza del partito. Solo un partito nuovo, fatto di persone che decidono ex-novo secondo la regola della democrazia, puó superare il maanchismo. Ecco perché tutte le decisioni critiche vengono sottratte alla decisione democratica. Per come abbiamo costruito il partito al massimo possiamo prevedere una posizione prevalente, "ma anche" tollerare una posizione minoritaria.
Di questo passo, senza correzioni di rotta, potrebbe diventare possibile l'"impossibile", perdere in una volta sola Firenze e Bologna?
Di questo passo tutto diventa possibile, ma perché in una democrazia aperta e competitiva nulla é scontato e tutto va riconquistato, grazie al rinnovamento delle idee, non alla difesa delle tradizioni. Ma questa é la nostra idea di democrazia, non quella degli apparati che vivono di rendita. Se ci crediamo imparemo a competere e vedrá che torneremo a vincere, a cominciare da Bologna e Firenze.
Bersani contro Veltroni, a Bologna e Firenze senza candidati sindaci ex ds: si avvera una delle sue missioni, diluire il Partito, mescolare tutto in una nuova identità? E se saltasse tutto in aria?
Se si voleva conservare il passato bastava fare una federazione. Se abbiamo fatto un partito é appunto per dar vita ad una storia nuova, per costruire una casa pensata per figli che non sono ancora nati, o per cittadini che non sono ancora arrivati. In questa casa ci si incontra come persone accomunate da un progetto futuro, non come ex di qualche passato. Il percorso che ci attende non é certo una passeggiata. Quello che non possiamo permetterci é tuttavia dire una cosa e farne un'altra.
Da qualche giorno Veltroni e i suoi avevano riscoperto Prodi, Parisi e l'Ulivo: un "asso" in chiave congressuale, oppure hanno capito che azzerare tutto il passato è un anelito futurista senza futuro?
Forse si son resi conto degli errori fatti. La missione che chiamava il Partito a farsi promotore della unitá di tutto il centrosinistra ha mostrato di non avere alternative. Una volta invertita la marcia con la "separazione consensuale" tra Veltroni e Bertinotti, si é innescata una reazione a catena, nella quale le separazioni producono altre separazioni sempre meno consensuali. Forse la storia del Pd puó sembrare troppo recente, ma, se si mettono tra parentesi questi quindici anni che ci é stato chiesto di dimenticare non ci restano che le antiche ideologie dell'800. Riprendere il cammino ulivista significa tornare verso il futuro.
Tutti i politici scansano l'autocritica, anche voi ulivisti che non avete mai riflettuto sui vostri limiti del governo dell'Unione: ma tra i mali del Pd c'è anche la rimozione della sconfitta nazionale e di Roma?
Di errori ne fanno tutti. Anche gli ulivisti ne hanno fatti molti. L'unico modo per imparare da essi é tuttavia poterne discutere assieme. Ma qua sono passati dieci mesi e ancora non siamo riusciti a discutere di una sconfitta che giá ne arriva un'altra.
Chi ha perso a Roma, dopo un trentennio quasi ininterrotto di potere progressista, è salito sul banco della pubblica accusa: segno dei tempi o condivide qualche critica di Rutelli?
Eravamo scesi in campo con tre parole d'ordine: la discontuinitá con i quindici anni precedenti, la necessitá di cambiare il manico, la scelta di andare da soli. Solo che erano parole d'ordine che valevano di mattina per le elezioni nazionali. Quando la sera si passava alla campagna locale a Roma dicevamo esattamente l'opposto. Gli elettori se ne devono essere accorti.
E' giunta l'ora per una intera generazione di lasciare il campo?
Quello che é sicuro é che la responsabilitá di ció che successo é dell'intero gruppo dirigente. Che poi il gruppo possa essere definito dalla etá é un'altra cosa. In politica le generazioni che contano sono le generazioni politiche.
Congresso subito?
A suo tempo condivisi l'idea di un congresso, perché fu proposto il Congresso. Resto tuttavia dell'idea che prima delle vie straordinarie si debbano adire quelle ordinarie. Per questo andiamo chiedendo fino alla nostra noia il rispetto della democrazia, con la convocazione del parlamento del Pd, l'Assemblea eletta dalle primarie, la stesso che Veltroni ha di fatto sciolto preferendo rimettersi ai caminetti e agli organi nominati dalle correnti, salvo poi lamentarsi di esse. Vuoi vedere che prima o poi se ne ricordano?
Veltroni dice che lei è un destrutturatore: al congresso lei chi vedrebbe bene come leader? E su quale linea?
Destrutturare é un termine corretto, l'esatto opposto di distruggere: quello che é stato fatto in questi mesi. Nel 2000, quando Veltroni era segretario dei Ds e io dei Democratici fu proprio questa la mia proposta. Perché non pensiamo di sciogliere almeno in un futuro i nostri partiti in uno nuovo, dissi. Il Partito democratico, appunto, nel solco dell'Ulivo. Fui considerato un provocatore. Ricordo ancora il suo no, e quello corale del Congresso di Torino. Lo ricordo per dare un senso al sí di oggi, e alla nostra fatica.
Strano paese l'Italia! Questo governo fa solo annunci roboanti e non risolve nulla ma il paradosso è che a pagarne le conseguenze è l'opposizione ed in particolare il nostro Partito! le dimissioni di Walter la dicono lunga! Non si può affossare così il tentativo di cambiare questo paese, partendo da un partito uscito da quelle straordinarie occasioni che sono state le primarie! Ma cosa doveva fare Veltroni? Ha cercato di essere coerente con le sue idee, rispettoso degli avversari,a volte si, anche collaborativo ma sempre nell'interesse degli Italiani, che però hanno dimostrato di prediligere l'uomo forte, che non ammette repliche!. Bhe, io lo ringrazio Walter, per la nascita del Partito Democratico e per avermi dato la speranza che prima o poi ce la faremo ad avere il paese che Lui e io sogniamo!Sandra
"Bhe, io lo ringrazio Walter, per la nascita del Partito Democratico e per avermi dato la speranza che prima o poi ce la faremo ad avere il paese che Lui e io sogniamo!"
Brava Sandra, io mi associo al tuo commento!
Eravamo in tanti appena qualche mese fa a Roma ad acclamarlo il nostro segretario. Sapeva parlare al cuore delle persone, sapeva regalare speranza. Quella speranza che ha portato Obama a vincere negli USA e che ha sempre fatto difetto negli ottusi calcoli da bilancino elettorale di tanti altri dirigenti del centrosinistra nazionale.
Walter ha dimostrato di essere un uomo, un uomo leale, un uomo sincero.
Si può fare altro nella vita, si può sbagliare e si può anche alzarsi, chiedere scusa e andar via.
Sono invitati a seguire l'esempio in molti!
Un leader non abbandona la barca alla deriva
di Maria Paola Milanesio - da Il Mattino
«Sarebbe un po' maligno ricordare che è già la seconda volta». Giovanni Bachelet, deputato del Pd, non fa sconti a Walter Veltroni.
L'ex segretario è stato logorato più dall'interno o dall'esterno?
«Mi è difficile rispondere perché a suo tempo scelsi Rosy Bindi. Ma temevo già da allora una guida incerta del partito. Non ho mai avuta molta fiducia su Veltroni e sulle sue capacità di guidare questo autobus».
Le dimissioni devono esserle sembrate la naturale conclusione...
«E' la sua seconda volta. Quando Veltroni era segretario dei Ds abbandonò quel ruolo, era il 2001, per candidarsi al Campidoglio. E il partito raggiunse alle Politiche il peggior risultato della sua storia».
Veltroni recidivo?
«Ha fatto la cosa peggiore nel momento peggiore. Non solo per il partito ma perché si è dimesso nel giorno in cui il Tribunale di Milano ha condannato David Mills per corruzione (il processo, prima dello stralcio, vedeva come coimputato anche Berlusconi, ndr)».
Non sarà facile per il nuovo segretario guidare un partito allo stremo.
«Veltroni non ha tutte le colpe. Ha fatto molti errori, ma attorno a lui c'erano anche molti personaggi che ancor meno credevano nel modello di questo nuovo partito».
Quante possibilità ci sono che si torni indietro ai due partiti, Ds e Dl?
«Faccio parte di quella piccola comunità che non proviene dai due partiti fondatori del Pd. Mi sembra, però, una cosa impensabile, anche se non metterei limiti al peggio...».
Il Pd e l'innovazione, è il binomio spesso citato da Veltroni. Come reagirà il partito a questo terremoto: con una rivoluzione o una restaurazione?
«Sono un fisico e come tale sono allergico al termine innovazione in politica e in altri settori. Per me vale il rinnovamento che è l'abbandono delle cattive abitudini, Non basta avere 20 anni meno di Prodi per essere meglio di Prodi. Il rinnovamento non è solo anagrafico, perché più che l'età conta che il nuovo gruppo non sia riconducibile a vista ai due vecchi partiti fondatori».
Il prossimo leader?
«Non riesco a vedere altra soluzione che tenerci per ora il vice di Veltroni, Franceschini».
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