Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa.
Una produzione Asinitas Onlus in collaborazione con ZaLab
(con il patrocinio di Amnesty International - sez Italiana)
Dopo decine e decine di proiezioni in tutta Italia
finalmente in onda sulla RAI
COME UN UOMO SULLA TERRA
GIOVEDI' 9 LUGLIO 2009
DOC 3 - RAI 3 ore 23.40
Un' occasione di civiltà e informazione per tutta l'Italia.
Finalmente anche chi non poteva sapere ora saprà.
Chiediamo alle migliaia di persone che da oltre 6 mesi
sostengono il film, di diffondere ovunque la notizia:
con il passaparola, nei mezzi di informazione, via mail e
con il Volantino che potete scaricare sul sito del film:
Finalmente anche chi non poteva sapere ora saprà.
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3 commenti:
L'ossessione della sicurezza genera insicurezza.
All’indomani del nuovo reato d’immigrazione clandestina, alla vigilia del prossimo reato d’intercettazione malandrina, resta in sospeso una domanda: quanti ancora vogliamo sbatterne in galera? Africani itineranti, giornalisti intraprendenti, e poi a seguire drogati impenitenti, automobilisti imprudenti, mendicanti e postulanti, perfino chi ha una casa da affittare, se putacaso sbaglia l’inquilino. Ma questa domanda se ne tira dietro una seconda: c’è in Italia un pozzo così largo e profondo da ospitare i rifiuti umani che gettiamo via dalla cucina?
No, non c’è. C’è piuttosto un intero paese chiuso a chiave dentro il Belpaese. È grande quanto L’Aquila prima del terremoto, supera la popolazione di Teramo e Rovigo, ha il doppio d’abitanti rispetto a Enna, Aosta, Nuoro, Belluno, ma non dispone degli stessi chilometri quadrati. Vive in stanze dove si fanno i turni per dormire, talvolta in compagnia di qualche topo, talvolta sottoterra come a Favignana. È il paese dei galeotti: 63.460 residenti a giugno, 70 mila entro il prossimo dicembre, dato che le new entries sono mille al mese. Significa due volte e mezzo la popolazione carceraria del 1990, significa una cifra mai più raggiunta da quando Togliatti nel 1946 firmò la prima amnistia della Repubblica. Ma siccome la capienza dei nostri penitenziari (peraltro spesso fatiscenti) è di 43 mila posti, significa altresì che 20 mila detenuti sono in soprannumero, con un tasso d’affollamento che tocca il 160% in Lombardia, Friuli, Veneto, Sicilia, nonché il 193% in Emilia Romagna.
Questo trattamento da sardine in scatola pone in primo luogo una questione di decenza, perché è indecente trattare i carcerati peggio delle bestie, quando le sevizie agli animali sono punite dalla legge. Pone in secondo luogo una questione d’ordine, perché col caldo la situazione finirà per surriscaldarsi ulteriormente, mentre gli agenti penitenziari sono 5 mila meno dell’organico. Pone in terzo luogo una questione di legalità, che a propria volta si traduce nell’offesa a tre principi dichiarati dalla Carta. Primo: il «senso di umanità» cui deve corrispondere la pena. Secondo: la presunzione d’innocenza, che evidentemente non vale per quel 52% di detenuti in attesa d’una sentenza definitiva di condanna. Terzo: l’eguaglianza «senza distinzione di razza», dato che la carcerazione preventiva colpisce il 43% degli italiani, ma il 58% degli extracomunitari. D’altronde vorrà pur dire qualcosa se nelle ultime due settimane sia il Capo dello Stato, sia il presidente della Corte costituzionale hanno manifestato il loro allarme. E d’altronde perfino in California - dove le galere sono le più gonfie al mondo - nel febbraio scorso una Corte federale ha imposto a Schwarzenegger di liberare un terzo dei detenuti entro il prossimo triennio.
Sicché serve a ben poco baloccarsi con l’idea delle celle galleggianti, o fantasticare su un piano d’edilizia carceraria che aggiungerebbe 17 mila posti entro il 2012, come ha promesso il governo a inizio anno. Staremmo comunque sotto il necessario, e oltretutto fin qui ogni nuovo carcere ci ha messo non meno di 10 anni prima che gli operai togliessero il disturbo. Meglio, molto meglio, cancellare quel comma della legge Fini-Giovanardi sulle droghe che tiene dentro il 40% dei detenuti, perché non distingue fra consumo e spaccio. Meglio allargare le misure alternative al carcere, dato che nel 2008 la recidiva ha toccato soltanto lo 0,45% dei casi. Meglio infine smetterla con l’abuso dei delitti e delle pene. Anche perché, se diventiamo tutti criminali potenziali, il questurino o il giudice potrà mettere in galera chi gli sta meno simpatico. E infine l’ossessione della sicurezza avrà generato la più acuta insicurezza.
michele.ainis@uniroma3.it
Napoli, ruba un pacco di wafer
condannato a tre anni di carcere
"Misure urgenti contro l'attuale situazione di disagio dovuta al grave sovraffollamento" è questo il monito del vice presidente del Csm Nicola Mancino che ha sottolineato "il diritto alla salute" della popolazione carceraria.
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